Sono nato il 7 novembre 1992 ed oggi compio 32 anni.
In quel novembre di inizio anni
’90, Bill Clinton aveva appena stravinto le elezioni battendo il presidente repubblicano
George H. W. Bush. Quello stesso presidente uscito vincitore dalla Guerra del
Golfo, il primo conflitto di un mondo che si lasciava alle spalle il
bipolarismo della Guerra fredda.
Gli Stati Uniti, liberi dallo
storico nemico sovietico ormai dissolto, sembravano entrare in un’era di dominio
incontrastato. Dall’altra sponda dell’Atlantico, con il Trattato di Maastricht di
febbraio nasceva l’Unione europea. Con la fine del blocco comunista, pareva
inevitabile l’affermazione del modello democratico liberale occidentale: qualcuno
parlò di fine della Storia.
Chi nasce oggi, 7 novembre 2024,
viene alla luce in un mondo radicalmente mutato, con l’Occidente che guarda al
futuro con incertezza.
La vittoria di Donald Trump, ad
appena quattro anni dalla mancata rielezione dopo il suo primo mandato, è netta. Una scelta, questa volta, consapevole e deliberata, legittimata da un corposo vantaggio anche nel voto popolare che otto anni fa premiò Hillary Clinton. Se nel 2016 Trump rappresentava un'incognita da testare, questa volta gli elettori conoscevano benissimo il suo curriculum e hanno premiato il miliardario newyorkese.
Un trionfo che è soprattutto una ferita alla liberaldemocrazia così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi.
Donald Trump è il primo Presidente
degli Stati Uniti ad essere stato condannato penalmente, giudicato colpevole di
34 capi d’imputazione. Rifiutandosi di riconoscere la sua sconfitta alle urne
del 2020, ha rotto uno dei capisaldi delle democrazie mature: la transizione
pacifica del potere a seguito delle elezioni. Non solo: ha apertamente incitato
i suoi sostenitori più fanatici alla rivolta, accusando di essere stato vittima
di brogli mai provati. La conseguenza diretta è stata la rivolta di Capitol
Hill del gennaio 2021, una delle pagine più buie della storia statunitense
nonché un vero e proprio tentativo di colpo di Stato.
| In attesa di Paura, parte 2. |
Qui sta il problema: un uomo del genere non avrebbe dovuto essere in grado di ricandidarsi alle elezioni presidenziali. Gli anticorpi della democrazia statunitense avrebbero dovuto escluderlo dal circuito politico-rappresentativo, allontanandolo definitivamente dalle istituzioni.
Il potere giudiziario sarebbe dovuto intervenire con più decisione con le sue sentenze. Il potere legislativo avrebbe già dovuto prevedere norme specifiche in tema di incandidabilità. L’opinione pubblica, stimolata da un dibattito alimentato dalla stampa e dai media, avrebbe dovuto emettere un giudizio, se non unanime, quantomeno diffuso sulla impossibilità di rieleggere Donald Trump. Un uomo che chiunque dotato di onestà intellettuale è in grado di riconoscere come narcisista perverso e sociopatico. Nel "migliore" dei casi, un uomo animato da un ego abnorme ed un sessista impenitente.
Niente di tutto questo è avvenuto e questa è già di per sé una sconfitta per la democrazia. Il semplice fatto che alla vigilia delle elezioni si parlasse di “sfida in bilico” è la conferma che qualcosa non funziona più. Il sistema politico americano è radicalmente compromesso, fondato su una contrapposizione estrema e partigiana: due mondi – democratici e repubblicani – che non condividono più una tavola comune di valori costituzionali. Un discorso razionale su Trump è di fatto impossibile: nessuno è disposto ad accettare la visione dell’altro, ciecamente guidato dalla propria fede politica.
È la definitiva (?)
affermazione della democrazia plebiscitaria, basata solo sull’incoronazione che
avviene con il rito delle elezioni. Il leader viene scelto dal popolo e, in
nome di questo, ha il potere di fare tutto ciò che vuole senza alcun limite.
Pesi e contrappesi istituzionali e costituzionali vengono avvertiti come
zavorre incomprensibili o nemiche: ostacoli da rimuovere nel rapporto diretto
tra Capo e popolo sovrano. Poi si rivoterà tra quattro anni ma, nel frattempo,
niente può essere d’intralcio. È la democratura la nuova frontiera.
Buon compleanno.

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