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Il 25 aprile è divisivo? Come proteggerlo dalle nostalgie revisioniste

Il sacrario dei partigiani di Bologna 

Il 25 aprile da diverso tempo non gode di buona salute. Quest'anno il solito teatrino che lo precede è stato particolarmente vivace, complice il governo Meloni, guidato da un partito che è il diretto erede del Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, e cioè una formazione neofascista formata dai reduci della Repubblica Sociale Italiana, nemici dei partigiani della Resistenza.
Da anni questa particolare destra contesta, più o meno apertamente anche se il più delle volte in maniera subdola, la genesi antifascista della Costituzione.
L'obiettivo è quello di erodere, poco alla volta, l'impianto etico e politico su cui si fonda la stessa natura della Repubblica italiana. Si tratta di un dato storico, di un fatto: le forze politiche che materialmente scrissero la Costituzione furono le stesse che, prima clandestinamente, dopo con le armi in mano, si opposero al regime fascista. Uno arco politico che si estendeva dai liberali ai popolari, dai socialisti ai comunisti, dai repubblicani agli anarchici e che, ovviamente, escludeva chi aveva deciso fino alla fine di sostenere il regime mussoliniano. Basta leggere i verbali dei lavori preparatori della Costituzione per capire che i suoi articoli sono stati ideati proprio come risposta alla snaturamento dello stato liberale operata dai fascisti. 

Il Presidente del Senato Ignazio La Russa, e cioè la seconda carica di quello stesso Stato nato con quella impalcatura, tutto questo lo sa benissimo. Perciò quando afferma che "la Costituzione non contiene da nessuna parte un riferimento all'antifascismo" il suo attacco è ancora più subdolo: si tratta dell'ennesima (e più grave) picconata a quell'impianto valoriale che dovrebbe difendere ed impersonare con il suo ruolo istituzionale. 

Si tratta solo di una delle tecniche utilizzate costantemente per delegittimare il 25 aprile. A questa si aggiungono altri metodi come: 
- Definire il 25 aprile come una generica "festa della libertà" e non come la festa della liberazione dal nazifascismo: è un modo tipicamente benaltrista per parlare anche delle dittature comuniste e dei loro crimini, lasciando sottintendere che "dopotutto anche dall'altra parte sono stati commessi crimini". Cosa questo c'entri con la liberazione dal nazifascismo è difficile da capire. Inoltre, il contributo comunista alla liberazione è incontestabile, così come i suoi legami con l'allora URSS. Il Partito comunista è tra i protagonisti dell'assemblea costituente, la Costituzione è anche frutto di quell'apporto. Sono tutti fatti storici, non opinioni: distorcerli non cambia le cose;
- Sminuire il ruolo dei partigiani, affermando che senza l'intervento angloamericano i nazifascisti non sarebbero mai stati sconfitti. Qui si parte da un assunto storicamente vero ma del tutto fuori luogo: la festa della liberazione celebra proprio quelle italiani e quegli italiani che con la loro lotta limitarono l'onta nazionale di aver appoggiato la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale. Se l'Italia fosse stata liberata solo ed esclusivamente grazie all'intervento degli Alleati, oggi avremmo solo di cui vergognarci;
- Condannare i crimini dei partigiani, suggerendo che la Resistenza non ha nulla di nobile e non può essere indicata come movimento su cui basare la Costituzione e la Repubblica. Si tratta della tesi revisionista per eccellenza, che utilizza i drammi del conflitto per una rilettura strumentale e diffamatoria di tutta la Resistenza. Secondo questa tesi, allora tutti i partigiani di ogni guerra, al di là delle motivazioni della loro lotta, sarebbero da condannare. Allo stesso tempo, questa idea tende ad accumunare le vittime della Repubblica di Salò a quelle dei partigiani, tralasciando un particolare: i primi lottavano per un regime fantoccio della Germania hitleriana che occupava il Nord Italia;
- Dire che i partigiani erano tutti comunisti, evidenziando continuamente solo la componente comunista del Comitato di Liberazione Nazionale ed escludendo tutte le altre forze, anche quelle moderate, liberali e di centrodestra. L'obiettivo è caratterizzare il 25 aprile come una festa "di sinistra", quindi "divisiva" e da superare.

Proprio quest'ultimo rappresenta uno dei punti più critici: progressivamente il 25 aprile sta perdendo il suo carattere di festività nazionale unanimemente riconosciuta. A questo risultato si sta arrivando sia grazie alla costante campagna delegittimante della destra nostalgica del fascismo - oggi arrivata alla Presidenza del Senato - sia grazie ad un colpevole contributo da sinistra.
Il 25 aprile di oggi, infatti, è una festa che accende i cuori soprattutto a sinistra: è festeggiata maggiormente nelle città tradizionalmente di sinistra, il rosso è il suo colore predominante, l'appellativo "compagni" è il più utilizzato e una delle canzoni più cantante, "Fischia il vento", era l'inno delle Brigate Garibaldi, ovvero la componente partigiana guidata dai comunisti. 
Progressivamente l'antifascismo si è colorato solo di rosso: un po' per l'abbandono del campo da parte del centro e della destra un po' per una monopolizzazione da parte della sinistra. L'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI) si fonda su una piattaforma politica ed ideale dichiaratamente di sinistra che difficilmente potrebbe risultare credibile ed appetibile per un elettore di centrodestra. 

Colorare esclusivamente di rosso il 25 aprile, oscurando gli altri colori della Resistenza, è controproducente e pericoloso proprio per quegli stessi valori che la sinistra difende dal revisionismo neofascista (oggi al governo). Se non si sarà in grado di riscoprire e valorizzare l'intero arco costituzionale del CNL, la destra nostalgica avrà gioco facile nell'isolare gli ideali dela Resistenza, delegittimando il 25 aprile. 
Se il 25 aprile è "di sinistra" è condannato gradualmente ad essere messo da parte, sostituito da altre retoriche ben più pericolose. Un effetto domino che arriverebbe inevitabilmente a coinvolgere la stessa Costituzione, frutto di quella pagina complessa, eroica e cruciale che fu la Resistenza.
Ogni elettore di centrodestra che canta convintamente Bella Ciao è una garanzia in più che quella Costituzione rimanga ancora in piedi ed in salute.

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